Russi in Italia

Aleksandr Akimovič Šënberg

Aleksandr Sanin


Luogo e data di nascita: Mosca, 3(15) aprile 1869
Luogo e data di morte: Roma, 8 maggio 1956
Professione: attore, regista teatrale e cinematografico

Nasce in una famiglia profondamente legata al teatro: il fratello Dmitrij lavora come attore con lo pseudonimo Dmitriev, la sorella Ekaterina è una conosciuta traduttrice anche di opere teatrali. Studia alla facoltà storico-filologica dell'Università di Mosca. Si avvicina al teatro da dilettante partecipando alle attività dell'Obščestvo iskusstva i literatury (Società d'arte e letteratura) di Mosca. Sulla scena sceglie di presentarsi con lo pseudonimo di Bežin mutandolo poi in Sanin, nome con il quale diverrà celebre sia in patria sia all'estero e, soprattutto, in Italia. Nel 1887 conosce Konstantin Sergeevič Stanislavskij, con cui dal 1894 cura la regia di una serie di spettacoli, tra i quali Uriel Acosta di K. F. Gutzkow (1895), la Dodicesima notte di Shakespeare (1897), Gor'kaja sud'bina (Un amaro destino) di A. F. Pisemskij. La  collaborazione prosegue negli anni successivi al MChАТ con Car' Fedor Ioannovič (Lo zar Fedor Ivanovič, 1898) e Smert' Ioanna Groznogo (La morte di Ivan Groznyj, 1899) di A. K. Tolstoj e ancora Sneguročka (La fanciulla di neve) di Aleksandr Ostrovksij (1900). La prima regia firmata esclusivamente Sanin risale al 1900 con Antigone di Sofocle.
Nel 1902 sposa la cantante e attrice Lidija Stachievna Mizinova (1870-1937), amica intima di Anton Pavlovič Čechov, che diverrà modello reale per la creazione della sua Nina Zarečnaja nel dramma Čajka (Il gabbiano). Ma il 1902 è anche l'anno di abbandono da parte di Sanin del MChАT in polemica con Savva Morozov, mecenate e finanziatore del teatro. Il regista si trasferisce a Pietroburgo dove lavora all'Aleksandrijskij teatr sia come regista che come attore e insegnante di arte scenica.

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Lidija Mizinova

Nel 1907 collabora con il Novyj dramatičeskij teatr (Nuovo teatro drammatico) di Pietroburgo. Nel 1908 è a Parigi invitato da Sergej Djagilev dove, al Grand-Opéra, è in programma il Boris Godunov, tra i cui interpreti spicca il nome di Fedor Šaljapin. L'incontro con Djagilev lo rende uno dei maggiori registi operistici sia in patria, sia all'estero. L'anno successivo nella capitale francese allestisce sulla scena del teatro Châtelet, Kovanščina e Pskovitjanka e, nel 1912, Salomè di Wilde e Elena di Sparta di Emil Verhaeren con le scenografie di Leon Bakst.  
La sua vita in questi anni si divide così tra i palcoscenici pietroburghesi e quelli parigini: nel 1910, a Pietroburgo inscena al Narodnyj dom (Casa del popolo) Boris Godunov, Knjaz' Igor' (Il principe Igor') e Rusalka; dopo una collaborazione con il Théâtre des Champs Elysées, nel 1913, è allo Svobodnyj teatr (Libero teatro) di Mardžanov, dove mette in scena Soročinskaja jarmarka (La fiera di Soročinsk) di Modest Musorgskij. Il 26 maggio 1914 è nuovamente a Parigi con Le rossignol di Igor' Stravinskij all'Opéra (Palace Garnier) con le coreografie di Boris Romanov e le scenografie e i costumi di Aleksandr Benua; intanto inizia a lavorare con il Dramatičeskij teatr (Teatro drammatico) di Mosca.
Allo scoppio della rivoluzione è impegnato al Bol'šoj, con alcune regie tra cui Pskovitjanka di Nikolaj Rimskij-Korsakov e nel 1922 Carmen di Bizet; negli stessi anni collabora con il Malyj teatr dove mette in scena Posadnik (Il podestà) di A. K. Tolstoj (1918), Elektra di Hugo von Hofmannsthal, El perro de l'hortelano di Lope de Vega (1919) Richard III di Shakespeare e Gore ot uma (Che disgrazia l'ingegno!) di А. S. Griboedov (1921).
Accanto alla regia teatrale, negli ultimi anni che trascorre in patria, Sanin si avvicina al cinema girando una serie di film: Zarevič Aleksej (1918, distr. nel 1922) tratto da un'opera di Dmitrij Merežkovskij, Dev'i gory. Legenda ob antichriste (1919), scritto e sceneggiato da Evgenij Čirikov con Nikolaj Podgornyj; Soroka-vorovka (La gazza ladra, 1920), trasposizione filmica dell'omonimo racconto di Aleksandr Herzen (1847) per la sceneggiatura di Nikolaj Efros e con Ol'ga Gzovskaja. Il più conosciuto è Polikuška, tratto dal noto racconto di Lev Tolstoj, girato nel 1919 ma distribuito soltanto nel 1922 e considerato un classico del cinema muto russo-sovietico. La genesi stessa della realizzazione di questo film fa parte della storia della nascita e dello sviluppo della decima Musa in Russia e poi in Urss. Il collettivo artistico guidato da Trofimov è pressoché composto interamente dai collaboratori (o ex collaboratori) del Mchat: non solo Ivan Moskvin nel ruolo di Polikej e Sanin alla regia, ma anche Jurij Željabužskij, figlio di Marija Andreeva, come operatore: "Anche senza il permesso di Stanislavskij, si sarebbe potuto dire che questo collettivo era la filiale cinematografica del Teatro d'Arte" (Leyda 1964, v. I, p. 211).
L'esperienza cinematografica di Sanin sembra concludersi con l'emigrazione: alla fine del 1922 lascia la Russia, spinto anche dalle pessime condizioni di salute della moglie. Si stabilisce inzialmente a Berlino per poi lavorare in diverse città e capitali europee. Intensa sarà anche la sua attività in Italia, paese nel quale si trasferirà definitivamente nel 1942 ma che diventa una seconda patria già dagli anni precedenti.

I primi anni nell'emigrazione
Probabilmente l'Italia era il paese designato dall'artista già dalla sua partenza dall'Urss. L'Archivio Centrale dello Stato di Roma conserva una domanda d'ingresso quasi sicuramente dell'artista (l'incertezza è ad oggi attribuibile alla trascrizione del nome, Alessandro Shoemburg, sia dello pseudonimo scritto come Savin), datata 2 ottobre 1922.
Nei materiali si dà notizia della sua venuta in qualità di direttore tecnico di una nuova compagnia drammatica. Sul suo conto si richiedono informazioni anche a Bragaglia (nei documenti d'archivio non è specificato quale dei fratelli; presumibilmente Anton Giulio), il quale afferma di non conoscerlo personalmente, ma conferma il motivo del suo viaggio in Italia, specificando che si tratta della direzione della compagnia drammatica di Tat'jana Pavlova. Mancano al momento altre informazioni su questo ipotetico soggiorno italiano.

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Tatiana Pavlova negli anni Venti

Dati più significativi riguardano invece la sua presenza in Italia negli anni successivi. A Parigi, dove il 6 agosto 1924 è impegnato al Théâtre de l'Opéra nel Boris Godunov, nel 1925 è invitato da Arturo Toscanini a curare la regia di Kovanščina di Musorgskij al Teatro alla Scala. Lo stesso direttore d'orchestra affida in quell'occasione i costumi e le scenografie a Nikolaj Benua; direttore musicale è Ettore Panizza, direttore dell'allestimento scenico Caramba (pseudonimo dello scenografo Luigi Sapelli). L'opera – in cartellone il 1 marzo 1926 – nella traduzione italiana di Rinaldo Küfferle, riscuote il favore del pubblico e della critica:

Il successo dell'opera, delineatosi già con le quattro chiamate ai cantanti ed al maestro Panizza avute dopo il primo atto, si affermò in pieno dopo il terzo, accolto da acclamazioni generali che toccarono l'alto tono dell'ovazione. Tanto che per ben cinque volte gli artisti, sia soli che col maestro Panizza, dovettero apparire al proscenio, e due volte si presentarono pure il régisseur Sanine ed il maestro istruttore dei cori Veneziani, acclamatissimi («Corriere della Sera», 2 marzo 1926, p. 5).

Torna nel teatro milanese il 16 aprile 1927 con il Boris Godunov, diretto da Arturo Toscanini, scenografia e costumi di Nikolaj Benua, direttore dell'allestimento scenico Caramba. Nel 1929 cura la regia di Zar Saltan di Rimskij Korsakov (19 marzo 1929), scenografia e costumi di N.  Benua, direttore dell'allestimento scenico Caramba. Dalla stagione del 1929 collabora anche con il Teatro Reale di Roma, dove debutta il 12 aprile con la regia di un lavoro italiano La campana sommersa di Ottorino Respighi. Anche la capitale lo accoglie con ammirazione e calore:

Un pubblico splendido sotto ogni riguardo è accorso a giudicare l'opera di Respighi. Nella sala del Teatro Reale si erano date convegno le più elevate personalità dell'aristocrazia, della politica e dell'arte. Assistevano allo spettacolo S. M. la Regina Elena, il Principe di Piemonte e la Principessa Giovanna.
Il successo è stato clamoroso, al primo e al terzo atto: meno brillante al secondo e al quarto, che però hanno pur sempre riscosso un notevole tributo di applausi. Abbiamo contato ventidue chiamate agli artisti, a Ottorino Respighi, al maestro Marinuzzi, al pittore-scenografo Benois e al régisseur Alessandro Sanine. C'è stata anche un'ovazione al dischiudersi del velario sulla scena spettacolosa della fucina fumigante e rutilante, occupata da una folla di Nani vestiti di scarlatto. L'esecuzione è sembrata a tutti – anche ai soliti denigratori – un capolavoro di buon gusto e di equiilibrio. Sorprendente la messinscena; superiore a qualsiasi elogio la concertazione e la direzione orchestrale del maestro Marinuzzi; animosi ed espertissimi i cantanti («La Tribuna», 13 aprile 1929, p. 3).

Il 4 maggio dirige la prima di Il Gobbo del Califfo di Franco Casavola, che ritorna per la sua regia anche il 18 gennaio 1930, insieme a Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Si tratta di una conferma della sua abilità:

Dello scenario e dei costumi eseguiti su bozzetti del giovane Cito di Filomanrino non possiamo dire che bene: il quadro finale è risultato opulento e luminoso. Il Filomarino possiede un senso decorativo spiccatamente moderno e non manca di vis comica. Le sue idee sono state tradotte in atto fedelmente dal régisseur Sanine, che ha saputo far muovere con disinvoltura sulla scena la folla vestita di costumi gustosamente caricaturali («La Tribuna», 7 maggio 1929, p. 4).

Il 29 marzo 1930 è nuovamente alla Scala con Boris Godunov che in questa occasione annovera tra gli interpreti Fedor Šaljapin (Boris) e Angelika Kravčenko (L'ostessa). Un mese dopo torna a Roma per la prima de Lo straniero di Pizzetti al Teatro Reale dell'Opera. Il '30 è l'anno di una lunga tournée che lo porta negli Stati Uniti dove debutta al Metropolitan-Opera di New-York. Torna a Roma a fine dicembre con Manon Lescaut di Puccini (26) e Il Crepuscolo degli Dei di Wagner  (27) che contano in tutto 13 repliche.

Anche l'inizio del 1931 si presenta fitto di appuntamenti sulla scena del Teatro Reale dell'Opera, dove si succedono La dannazione di Faust di Berlioz (8 gennaio, repliche fino al 17 febbraio) con le coreografie di Ileana Leonidoff:

L'esecuzione musicale, in confronto alla singolare fantasmagoria scenica, sembra quasi assumere minore importanza: è apparsa però curata con grande amore, vera efficacia e molta intelligenza dal maestro Gabriele Santini; il quale è stato secondato a meraviglia dal maestro Andrea Morosini nella preparazione dei cori, che hanno bello spartito somma importanza e ampio sviluppo [...]. Sicura, elastica, colorita ed espressiva l'orchestra. Abbiamo già fatto cenno del coro magnifico per la parte vocale: devesi aggiungere che è stato altresì di una animazione straordinaria, sicura, brillante, nel movimento scenico: e degno della massima lode è apparso il corpo di ballo istruito e guidato con alto sentimento dell'arte da Ileana Leonidoff, perfetta altresì come danzatrice: ammirata la giovane Ada Spicchiesi, solista nei voli delle Silfidi, che sono riusciti superbamente suggestivi nella ingegnosa realizzazione.
Alla fine di ogni atto sono stati ripetutamente evocati alla ribalta gli artisti e con essi il bravo maestro Santini; anche il maestro Morosini, e Alessandro Sanin, direttore del movimento scenico, hanno avuto la loro parte di applausi ben meritati («Il Messaggero», 9 gennaio 1931, p. 8).



Il 12 febbraio è la volta della Bisbetica domata di Mario Persico con le scenografie di Pieretto Bianco e il "ben riuscito movimento scenico guidato da Alessandro Sanin" («Il Messaggero», 13 febbraio 1931, p. 8.). Il 24 febbraio riscuote molto successo Andrea Chénier di Umberto Giordano tanto da rientrare in cartellone, a grande richiesta, anche il mese successivo. Positivi i giudizi sul lavoro di tutti, in particolare su quello di Sanin:
Il maestro Gino Marinuzzi ha concertato e diretto l'Andrea Chénier con una cura, una intelligenza e una efficacia meritevoli del massimo encomio; l'orchestra ha proceduto ottimamente; la massa corale, istruita alla perfezione dal valente maestro Andrea Morosini, e animata stupendamente nella azione scenica da Alessandro Sanin, ha magnificamente reso la vita tumultuosa del tormentato periodo rivoluzionario in cui si svolge l'azione del dramma, mentre il corpo di ballo ha recato una nota di eleganza e finezza alla danza del primo atto («Il Messaggero», 25 febbraio 1931, p. 8).

Il lavoro che consacra Sanin quale fine regista di scene di massa è la prima italiana di Sadko di Rimskij-Korsakov, svoltasi il 4 aprile 1931 (con 5 repliche e la ripresa anche nella successiva stagione, il 27 gennaio 1932): data la grandiosità dei quadri, il numero degli interpreti e la complessità della resa scenica del dramma sono rimarcate dalla critica le capacità del regista di "quest'opera prettamente russa" della quale si dimostra "prezioso animatore" («Il Messaggero», 2 aprile 1931, p. 2). Nella traduzione ritmica di Rinaldo Küfferle, con scenografie di Nikolaj Benua realizzate "su bozzetti di suo padre Alessandro" («Il Messaggero», 1 aprile 1931, p. 8), al quale appartengono anche i figurini dei costumi, e le coreografie di Ileana Leonidoff (che danza insieme a Dmitrij Rostov), Sadko è uno dei maggiori successi della stagione lirica 1930-1931 del Teatro Reale dell'Opera di Roma:

Il coro che ha parte importantissima e difficilissima, ha proceduto a meraviglia, sotto la guida del bravo Morosini; l'orchestra è apparsa omogenea, colorita, elastica, sicura e brillante; il corpo da ballo si è fatto molto onore, soprattutto nelle intricatissime evoluzioni delle danze sottomarine, ottimamente guidate da Ileana Leonidoff, che è apparsa danzatrice e coreografa di molta abilità e intelligenza. Il movimento scenico è stato stupendamente ideato e diretto da Alessandro Sanin: meraviglioso l'allestimento scenico in cui Pericle Ansaldo ha raggiunto effetti stupendi soprattutto nella trasformazione delle scene marine e sottomarine; superbi gli scenari e i costumi opera eletta di Alessandro e Nicola Benois («Il Messaggero», 5 aprile 1931, p. 8).

Il 26 aprile infine cura la regia di Carmen di Bizet (26 aprile), anch'essa coreografata e danzata da Ileana Leonidoff insieme a Dmitrij Rostov.

Torna a dirigere Šaljapin a Parigi il 20 giugno 1932 nel Boris Godunov al Théâtre National de l'Opéra-Comique con le scenografie di Aleksandr Golovin, e la partecipazione accanto al celebre cantante, di Marija Demidova, Georgij Pozemovskij e Nikolaj Lavreckij. Intensa è anche la stagione lirica romana del 1933-1934 nella quale si susseguono Lucrezia Borgia di Donizetti (26 dicembre), Andrea Chénier di Giordano (28 dicembre), Die Walküre di Wagner (10 gennaio), Aida (24 febbraio, con le coreogradie di Boris Romanov) e Simon Boccanegra di Verdi (3 marzo), Lohengrin di Wagner (10 marzo), Manon Lescaut di Puccini (4 aprile) e Carmen di Bizet (18 aprile).

Successi in Italia

Sanin è protagonista alla Scala nel 1942, anno in cui si trasferisce definitivamente in Italia, con diverse regie. Il 28 febbraio, in un "teatro gremito" dove scrosciano "frequenti applausi" e si assiste a "numerose chiamate dopo ogni quadro" Sanin allestisce Thaïs di Massenet («Corriere della Sera», 1 marzo 1942, p. 2). Il 21 marzo è la volta de La Fiera di Soročincy (con un intermezzo al terzo atto, Una notte sul Monte Calvo) musicato da Musorgskij con le scenografie ideate in questa occasione da Vsevolod Nikulin e l'allestimento scenico di Nikolaj Benua. Oltre al lungo omaggio degli interpreti, la critica spende giudizi ammirati anche sugli altri protagonisti del lavoro:

Per i cori scattanti o parodistici aveva provveduto la diligente preparazione del maestro Consoli, mentre la regia veniva attentamente guidata dal Sanine. Apprezzate erano pure le scene su bozzetti di Nicoulin («Corriere della sera», 22 marzo 1942, p. 2).

L'impegno prosegue il 30 gennaio 1943 con Il Re di Giordano е Carmen di Bizet nell'allestimento scenico di Benua. Al ritorno sulla scena milanese segue quello – dopo 8 anni di assenza – al Teatro Reale dell'Opera con una serie di importanti regie: Belfagor di Respighi (27 ottobre), La vestale di Spontini (8 dicembre), Poliuto di Donizetti (13 dicembre). Il 15 gennaio 1943 torna Kovanščina con le scenografie di Benua, le coreografie di Aurel Milloss e i due interpreti che avevano accompagnato la versione del 1926: il tenore Aleksandr Veselovskij e il basso Zdanovskij. Il 23 marzo 1943 allestisce la messincena de Le Rossignol di Stravinskij, mentre nell'autunno dello stesso anno Aida (23 novembre) e Lohengrin (27 novembre).

Il 1944 si apre Mefistofele di Boito (8 gennaio, ripreso anche in agosto) con le coreografie di Miloss e le scenografie di Benua, seguito da Andrea Chénier (17 febbraio), Wally di Alfredo Catalani (1 marzo, e a settembre), La Forza del destino (11 maggio, poi in ottobre) e Otello (29 ottobre) di Verdi e si chiude con Turandot (29 dicembre) di Puccini.
Dopo alcuni allestimenti ancora al Teatro dell'Opera di Roma, il 24 gennaio 1946 Sanin torna alla Scala con la regia del Boris Godunov, avvalendosi nuovamente dell'abilità scenografica di Benua e di Aleksandr Veselovskij – questa volta nelle vesti del principe Šuiskij. La realizzazione dell'opera gli reca ancora successo: in suo onore la missione militare sovietica a Roma organizza un ricevimento, ma il riavvicinamento con le autorità del suo paese non gli varrà il visto per tornare a visitare l'Urss.
Oltre alla collaborazione con i maggiori teatri operistici italiani, il 19 luglio 1946 cura la regia di Andrea Chénier, a Roma, nell'insolita e suggestiva scenografia delle Terme di Caracalla. Torna al Teatro Reale dell'Opera il 5 febbraio 1949 con Andrea Chénier e il 12 marzo con il Boris Godunov ancora con Veselovskj e il 23 marzo Simon Boccanegra, e 17 dicembre Fedora di Giordano, e il 23 febbraio 1950 con Norma di Bellini, tra i cui interpreti figura anche Maria Callas nel ruolo di Norma.
Il 18 maggio 1950 è per la prima volta al Carlo Felice di Genova nella messinscena di Die Walküre di Richard Wagner con Annie Weber e Kathleen Kersting e replica nel teatro genovese il 29 maggio con Boris Godunov con A. Veselovskij e A. Kravčenko e la direzione di Otto Arckemann.

Fonti archivistiche
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell'Interno, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, 1922, cat. A11, b. 15, f. Schoemburg Alessandro 23.
Archivio privato di Vsevolod Nikulin, Genova.
Archivio Angelo e Olga Signorelli, Fondazione Cini, Venezia.

Bibliografia
S.Strienkovskij, Vita teatrale nella Russia dei Sovieti, "L’Europa Orientale" 1921, n. 3, pp. 222–223.
G. E., La prima della "Kovantchina" alla Scala, «Corriere della Sera», 2 marzo 1926, p. 5.
A. Gasco, "La campana sommersa" al Teatro Reale dell'Opera, «La Tribuna», 11 aprile 1929, p. 3.
A. Gasco, "La campana sommersa" di Respighi, al Teatro Reale dell'Opera, «La Tribuna», 13 aprile 1929, p. 3.
A. Gasco, "Il Gobbo del Califfo" di F. Casavola al Teatro Reale dell'Opera, «La Tribuna», 7 maggio 1929, p. 4.
La Dannazione di Faust al Teatro Reale dell'Opera, «Il Messaggero», 9 gennaio 1931, p. 8.
"La bisbetica domata" del maestro Mario Persico, «Il Messaggero», 13 febbraio 1931, p. 8.
"Andrea Chénier" di Umberto Giordano, «Il Messaggero», 25 febbraio 1931, p. 8.
"Sadko" di N. A. Romsky-Korsakov, «Il Messaggero», 5 aprile 1931, p. 8.
Teatro Reale dell'Opera, «Il Messaggero», 1 aprile 1931, p. 8.
Teatro Reale dell'Opera, «Il Messaggero», 2 aprile 1931, p. 2.
Teatro Reale dell'Opera, «Il Messaggero», 28 aprile 1931, p. 8.
F. A., "Thaïs" di Massenet, «Corriere della Sera», 1 marzo 1942, p. 2.
F. A., La fiera di Sorocinzi di Mussorgski, «Corriere della Sera», 22 marzo 1942, p. 2.
F. A., "Il Re" di Giordano e i "Pagliacci", «Corriere della Sera», 26 marzo 1942, p. 2.
Teatral'naja enciklopedija v 5 tt., Moskva, Sovetskaja Enciklopedija, 1961-1967.
Cronologia completa degli spettacoli e dei concerti, a cura di G. Tintori, in C. Gatti, Il teatro alla Scala nella storia e nell'arte (1778-1963), Milano, Ricordi, 1964.
J. Leyda, Storia del cinema sovietico, (tit. or. Kino. A History of the Russian and Soviet Film, London 1960), Milano, il Saggiatore, 1964.
E. Frassoni, Due secoli di lirica a Genova, Genova, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1980, v. II (dal 1901 al 1960 e appendici fino al 1978).
S. Pitou, The Paris Opéra. An Encyclopedia of operas, Ballets, Composer and Performers, New York-Westport (Connecticut), London, Greenwood Press, 1990.
V. Gasperovič, M. Katin-Jarcev, M. Talalaj, A. Šumkov, Testaččo. Nekatoličeskoe kladbišče dlja inostrancev v Rime, Sankt-Peterburg 2002.

Link
http://www.kino-teatr.ru/teatr/acter/27402/bio/
http://www.eleven.co.il/article/13687
http://www.kinoglaz.fr/histoire_1918-1934.htm
 
Nota
Nelle fonti archivistiche s'incontra come Alessandro Schoemburg, Schemburg e Schoembur. In arte Sanin.

Laura Piccolo
Scheda aggiornata il 1 giugno 2020


Un quadro del film Polikuška, per la regia di Aleksandr Sanin. Da sinistra Ivan Moskvin (Polikej), Vera Pašennaja (Аkulina).



Necrologio di Aleksandr Sanin, scritto per "La Fiera Letteraria" da Ol'ga Signorelli.



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