Russi in Italia

Pavel Fedorovič Čeliščev


Luogo e data di nascita: Dubrovska, 21 settembre 1898
Luogo e data di morte: Frascati (Roma), 31 luglio 1957
Professione: pittore, grafico, scenografo teatrale

Nato nella ricca famiglia di un proprietario terriero, Čeliščev percorre un lungo e originale percorso nell’arte figurativa sino a diventare uno dei maggiori interpreti del surrealismo. Si avvicina alla pittura già in Russia (negli atelier di Aleksandra Ekster e Adol’f Mil’man a Kiev), poi il respiro della storia – le rivoluzioni, la requisizione della sua tenuta, la guerra civile – lo proietta fuori dei confini della patria: nel 1920 è a Costantinopoli, dove prepara le scenografie per i balletti della compagnia di Boris Knjazev (1900–1975), nel 1921-1922 risiede a Berlino, dove collabora con le maggiori imprese teatrali russe: il Teatro Romantico Russo di Boris Romanov, il teatro di miniature “L’uccellino azzurro” (Sinjaja ptica) di Jaša Južnyj, il cabaret “Le maschere” (Maski), nel 1923 trasmigra a Parigi, dove fonda nel 1926 insieme a Christian Bérard, ai fratelli Evgenij e Leonid Berman il gruppo dei “neoromantici”, è attratto dall’astrologia e dall’occultismo. Infine dal 1934 emigra negli Stati Uniti, a New-York.


Schizzo per Zolotoj petušok (Il galletto d'oro) di Rimskij Korsakov (Berlino 1923)

Il riconoscimento della sua opera arriva sin dalle prime soluzioni pittoriche degli anni parigini, segnate da tratti surreali e visionari, per affermarsi incontrastato nel periodo americano, quando l’artista crea le sue tele ‘anatomiche’ – trasparenti, irreali e scarnificate teste dai muscoli e nervi visibili, originali paesaggi interiori, come li definisce lui stesso. Tra i più famosi Sistema muscolare (Muskul’naja sistema, 1941), Testa trasparente (Prozračnaja golova, 1944), Sciame d’api (Pčelinyj roj, 1945), Paesaggio interiore 5 (Vnutrennij pejzaž 5, 1946), Pittura anatomica (Anatomičeskaja živopis’, 1946), Testa aperta (Otkrytaja golova, 1946), Paesaggio interiore. VII Teschio (Vnutrennij pejzaž. VII Čerep, 1949).
Si situa all’origine di molte soluzioni artistiche di Čeliščev il suo rapporto con l’Italia, iniziato sin dal primo viaggio negli anni Trenta, quando si appassiona all’opera di Giotto, Beato Angelico e Paolo Uccello, ma studia soprattutto la prospettiva e il trattato De divina proportione (1497) del matematico Luca Pacioli che segna la successiva evoluzione della sua opera. L’artista sembra averne assorbito i nuclei fondanti che insieme alla lettura della Divina Commedia gettano in lui i germi di tele, realizzate a New York, quali Phenomène (1936–1938), prima parte del trittico Inferno-Purgatorio-Paradiso, che sperò invano di completare negli ultimi anni romani.

Nella primavera del 1950 l’artista ritorna in Italia, a Roma, per le due prime esposizioni dedicate alle sue tele ‘anatomiche’ in due importanti gallerie romane che attrassero le avanguardie culturali del tempo: la Galleria dell’Obelisco in via Sistina e la Galleria della Cometa in piazza d’Aracoeli. In aprile espone alla Galleria L’Obelisco, fondata nel 1946 dopo la liberazione dai collezionisti Gaspero Del Corso (1911–1997) e Irene Brin (1911–1969), e in maggio alla Galleria della Cometa, circolo riservato agli intenditori d’arte moderna, di proprietà di Anna Letizia Pecci-Blunt (1885–1971), discendente del papa Leone XIII (l’emblema scelto, la Cometa, era appunto l’insegna araldica di Leone XIII).

Ambedue le mostre hanno grande risonanza e la critica s’impegna a mettere in luce la strabiliante tecnica artistica del pittore e la sua ‘rinascimentale’ visione del mondo. Ne scrive Bianca Paulucci su “Il Quotidiano”, sottolineando la ricerca ossessiva del pittore volta a rendere ciò che è nascosto nell’uomo attraverso la trasparenza della pelle, “il percorso delle vene e delle arterie, i meandri tra le ossa e le cartilagini” (B. Paulucci, Pavel Tchelitschew a L’Obelisco, 23 aprile 1950). Su questa idea fissa del pittore insiste anche il poeta e critico d’arte Romeo Lucchese (1916–1993) dopo averne tratteggiato sulla “Fiera letteraria” un breve excursus biografico e le realizzazioni in Germania, Francia e America:

 

La cultura pittorica e umanistica di Tchelitschew si è fatta sempre più comparata con le speculazioni filosofiche (Bergson) e scientifiche (Einstein) del nostro tempo e con ogni altra manifestazione dello spirito e del sapere oggi operanti. Egli ha tentato attraverso simboli leggibili di ordinare simultaneamente lo spazio e il tempo in composizioni sintetizzanti i fenomeni naturali […] Con questi disegni egli afferma che la forma esteriore non è sufficiente, che bisogna situare la forma nello spazio, che esiste l’aspetto metaforico delle forme, che bisogna tentare di realizzare una forma totale, completa, la quale comprenda tutti gli aspetti di un oggetto, che esiste una prospettiva sferica, che la linea sola crea la forma, il volume, lo spazio, la luce esteriore e interiore (R. Lucchesi, La curiosa idea fissa e le allucinazioni di Tchelitschew, 16 aprile 1950, p. 7).

.

Nella recensione su “Il Mondo” Alfredo Mezio riporta quanto Čeliščev gli aveva spiegato delle proprie ricerche e delle tele anatomiche presentate: “il mio assunto è inserire la nozione di tempo nella pittura. Cerco di creare una rappresentazione a più di tre dimensioni, e il mio viaggio in Italia è un omaggio al paese in cui questi problemi sono nati e dove sono sempre d’attualità. Cezanne ha concepito un’arte costruita su formule geometriche che, per il suo tempo, potevano spiegarsi come dei richiami alle formule che gli italiani erano stati i primi ad enunciare col trattato sulla prospettiva di fra Luca da Borgo, con Leonardo, Piero della Francesca e Raffaello (A. Mezio, La pittura e i teologi, 13 maggio 1950).

Per motivi di salute nel 1952 Čeliščev si trasferisce in Italia con il compagno, il poeta surrealista e fotografo Charles Henry Ford (1908–2002) e si stabilisce vicino Roma (prima a Grottaferrata, poi a Frascati), dove continua intensamente a dipingere ed animare il panorama espositivo europeo.

Gli anni romani di Čeliščev – pur nell’isolamento della residenza fuori città voluto dal pittore per lavorare in serenità, sono ricchi di contatti. A Roma ritrova l’amico degli anni parigini Evgenij Berman, qui stabilitosi all’inizio degli anni Cinquanta, conosce grazie a Fabrizio Clerici Olga Resnevič Signorelli, che lo introduce tra le sue amicizie (il regista Petr Šarov, il coreografo Aurel Milloss, Dimitrij Vjačeslavovič Ivanov) e gli è vicina nell’ultimo periodo di vita. Proprio dalla corrispondenza con lei (conservata alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia) si ricostruiscono con precisione non solo le esposizioni italiane di Čeliščev e i loro incontri, ma anche le discussioni sull’arte, le riflessioni del pittore sulle sue ultime ricerche. Le scrive, ad es., nel dicembre 1954:

 

Quando Lei vedrà i miei quadri e disegni, capirà perche vivo come un trappista in monastero, senza vedere nessuno. Queste opere occupano tutta la mia vita, ma sono molto complesse, compliqués – pour une plus grande simplicité. Se le guarderà serena, in silenzio, all’improvviso “prenderanno vita” e inizieranno a muoversi ritmicamente (Archivio russo-italiano IX, Salerno 2012, vol. II, p. 324).

 

Perduto ogni contorno figurativo, le tele di Čeliščev degli ultimi anni sono divenute puri intrecci di linee, complesse astrazioni geometriche, luminose ragnatele spiraliche. Nel 1953 tre nuovi quadri dell’artista realizzati con tecnica mista (due disegni e una gouache) sono presentati nell’esposizione intitolata Tre americani a Roma alla Galleria Schneider di Piazza Mignanelli 10, fondata nel centro di Roma da Robert Edward Schneider.

Nel marzo 1955 la Galleria dell’Obelisco organizza un’importante personale dell’artista, di cui scrive la presentazione nel catalogo il filosofo francese Gaston Bachelard, affascinato dalla geometria delle sue forme (“il pittore ci offre oggetti trasparenti d’interne geometrie”), dall’intersecarsi delle linee che irradiano energia, soprattutto dalla sua ricerca colorica:

 

In Tchelitchew è il colore che finemente mette in azione il mondo, è lui che racchiude il segreto degli interessi dinamici. […] Per un autentico artista il colore non è un fenomeno di superficie. Esso è presente in ogni profondità. I colori gareggiano tra loro per figurare, per uscire dalle tenebre e portare cosi testimonianza dell’essere segreto delle cose […] Le tele di Tchelitchew sono in qualche modo degli oggetti cosmologici, germi per mondi individualizzati. Vi è una specie di risonanza che parte dall’oggetto reso dinamico fino a un mondo evocato. Gli oggetti fatti dinamici dal pittore aprono prospettive che sono un preciso programma di movimento. Sembra che Tchelitchew abbia trovato il segreto di una sottile sintonia delle forme, del colore e del movimento (G. Bachelard, Pavel Tchelitchew,  pp. 5-6).

 

La stessa mostra è presentata il 1 aprile 1955 anche a Milano alla Galleria del Naviglio in Via Manzoni 45, fondata nel 1946 dal collezionista veneto Carlo Cardazzo (nel catalogo della mostra viene ripreso il saggio di Bachelard).

Čeliščev passa l’estate 1955 a Porto San Giorgio (Ascoli Piceno), lavorando – come sempre freneticamente – per preparare le nuove tele che si accinge ad esporre nel 1956 sia a Bruxelles (Palazzo delle Belle Arti) che a Parigi (Galleria Rive gauche).

Negli ultimi mesi è costretto a letto dalla malattia, progetta di andare in America ma non ne ha le forze. Muore lasciando incompiuto il grande trittico Inferno-Purgatorio-Paradiso che aveva sognato di portare a termine a Roma.


Pubblicazioni

Živopisec i teatral’nyj chudožnik P.F. Čeliščev. Pis’ma k Ol’ge Sin’orelli, publ. M. Bohmig, in Archivio russo-italiano XIX, Salerno 2012, vol. II, pp.


Fonti archivistiche
Fondazione Giorgio Cini, Venezia, Archivio Angelo e Olga Signorelli.
Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Fondo Irene Brin, Gaspero Del Corso e L’Obelisco.

Bibliografia
R. Lucchese, La curiosa idea fissa e le allucinazioni di Tchelitchew, "La Fiera letteraria". 16.4.1950.
B.Paulucci, Pavel Tchelitchew all’Obelisco, "Il Quotidiano" (Roma), 23.4.1950.
U.M. Mostre della capitale. Tchelitchew, "Pomeriggio" (Bologna), 4.5.1950.
U.M. Tchelitchew, "Gazzetta Veneta" (Padova), 2.5.1950.
A. Mezio, La pittura e i teologi, "Il Mondo", 13.5.1950.
G. Bachelard, Pavel Tchelitchew. Roma: Galleria dell’Obelisco, 1955.
L. Budigna, Realista a modo suo, “Settimana Incom illustrata”, 12 maggio 1955, р. 61.
P. Tyler, The Divine Comedy of Pavel Tchelitchew. New York: Fleet, 1967.
G. Del Corso, Storia di una Galleria, in I. Mussa e A. R. Brizzi, Galleristi a Palazzo, Roma 1988.
L. Pratesi, Quel dopoguerra da veri bohemiens. Ricordi di Gaspero del Corso, “La Repubblica”, 2 marzo 1989.
Una collezionista e mecenate romana. Anna Laetitia Pecci Blunt (1885–1971), Catalogo della mostra a cura di L. Cavazzi, M. Quesada, Roma 1992.
L. Kirstein, Pavel Tchelitchew. Santa Fe, New Mexico: Twelvetrees Press, 1994. 
К. Кedrov, А. Šumov, Raj Pavla Čeliščeva (Le Paradis de Pavel Tchelitchew), Мoskva 2005.
Raj Pavla Čeliščeva / Pred. A. Sumkov. Moskva; Zurich  2005.
A. Kuznecov, Metamorfozy Pavla Čeliščeva // Pavel Čeliščev: Katalog vystavki. SPb.: Petronij, 2011. P. 11-63.
C. Zambianchi, I. Schiaffini, V. C. Caratozzolo, Irene Brin, Gaspero Del Corso e La Galleria L’Obelisco, Roma 2018.

Link
О.Л. Лейкинд, К.В. Махров, Д.Я. Северюхин // Искусство и архитектура русского зарубежья
https://artrz.ru/search/%D0%A7%D0%B5%D0%BB%D0%B8%D1%89%D0%B5%D0%B2/1804787266.html

Note
Nelle fonti italiane si incontra come Pavel Tchelitchew, Pawel Tschelitscheff.

Nella foto Pavel Čeliščev, Autoritratto in giacca azzurra, Olio su tela 1925.

Antonella d'Amelia
Scheda aggiornata al 25 ottobre 2020


Pavel Čeliščev, Fenomeno, 1936-1938. Olio su tela, 202x271. Galleria Tret'jakov, Mosca



Pavel Čeliščev davanti al suo autoritratto
www.proza.ru/2008/10/11/151



Pavel Čeliščev e Charles Henry Ford. Foto di Cecil Beaton



Pavel Čeliščev nel suo studio di New-York (1942)



Indietro
Statistiche