Russi in Italia

Mark L’vovič Slonim


Luogo e data di nascita: Novgorod-Sivers, 23 marzo 1894
Luogo e data di morte: Beaulieu-sur-Mer (Nizza), 8 aprile 1976
Professione: uomo politico, storico della letteratura, traduttore

In Italia tra il 1911 e il 1915, e poi ancora nel 1919-1920, Slonim costituisce un raro esempio di punto di contatto politico e culturale tra il socialismo e il nazionalismo rivoluzionario russi e il fascismo italiano. Attraverso una complessa vicenda personale che nel 1917 lo avrebbe anche portato a essere il più giovane membro dell’Assemblea costituente russa, negli anni della rivoluzione russa e della grande crisi del liberalismo europeo egli sostenne da socialista la passione rivoluzionaria della guerra anti-tedesca, combatté in patria contro il regime bolscevico e subì in Italia il fascino politico del fascismo fino al 1921, quando la svolta di quest’ultimo in senso definitivamente reazionario e anticontadino lo convinse invece a identificarlo con le forme dittatoriali del bolscevismo.
Slonim conobbe per la prima volta l’Italia come studente, non come esule, anche se nella sua scelta di allontanarsi dalla Russia ebbero certamente un ruolo anche i rischi corsi partecipando, ancora giovanissimo, alla vita clandestina del Partito dei socialisti-rivoluzionari (PSR). Cresciuto in una famiglia colta ebraica di Odessa, dove aveva risentito l’influenza dello zio Julij Ajchenval’d (1872–1928), uno dei grandi critici letterari e filosofici della Russia d’inizio secolo, nel 1911 giunse a studiare storia delle letteratura e filosofia all’università di Firenze. Dopo l’estate del 1914 ebbe così modo di assistere alla nascita del nuovo socialismo di Mussolini e al conflitto tra neutralisti e interventisti italiani che l’anno successivo avrebbe portato all’ingresso dell’Italia in guerra. Fin dall’inizio apprezzò l’emergere di un nuovo spirito nazionale del socialismo italiano e subì il fascino della retorica rivoluzionaria, che indicava nella guerra il definitivo strumento di lotta contro gli spiriti reazionari degli imperi dell’Europa centrale e l’inizio di un più ampio processo di rinnovamento sociale e nazionale. Erano idee largamente diffuse nel socialismo occidentale dei primi anni di guerra, ma in Italia esse assunsero le forme indefinite e aperte a ogni sbocco politico del primo movimento di Mussolini.
Tornato in patria nel 1915, nel biennio precedente lo scoppio della rivoluzione democratica russa Slonim continuò i suoi studi alla facoltà storico-filologica dell’università di Pietrogrado. Il 1917 gli fornì l’occasione di un diretto confronto tra l’esperienza vissuta in Italia e la nuova realtà russa,  nel momento in cui l’interventismo rivoluzionario italiano trovava uno sfondo ben più ampio e internazionale nel difensismo socialista-rivoluzionario russo. Nei due anni successivi al crollo dello zarismo, cioè fino al ritorno in Italia nel 1919, tutta la sua vicenda politica, la sua azione cosciente di giovane socialista russo, può essere sintetizzata come sostegno dello sforzo bellico repubblicano contro il nemico esterno, lotta in difesa della patria rivoluzionaria, esaltazione e organizzazione dell’impegno popolare al fronte. In effetti, il suo profondo difensismo rivoluzionario avrebbe inevitabilmente determinato anche tutto il suo atteggiamento successivo sia verso il bolscevismo sia verso il fascismo, cosicché il giudizio sull’uno avrebbe fortemente condizionato quello sull’altro.

La sua esperienza di quei mesi in Russia, in Bessarabia e in Ucraina, che nel 1920 avrebbe largamente narrato in Italia anche in opere memorialistiche di un certo successo, iniziò con gli entusiasmi rivoluzionari di Pietrogrado, ma continuò con la dura campagna elettorale sul fronte rumeno e la fallimentare organizzazione della difesa armata della Costituente, per poi finire a Odessa nella lotta contro il primo governo bolscevico, l’occupazione tedesca e il separatismo ucraino. La retorica dell’arditismo europeo, così tipica di questi anni, assunse così in lui le forme del socialismo rivoluzionario antibolscevico, e la sua rappresentazione del nuovo potere sovietico si concentrò sul tema dello scontro tra sostenitori o oppositori della difesa nazionale, identificando il bolscevismo con la pura reazione alla guerra. Ma quel che vi fu di originale, nell’opera e nel pensiero di Slonim, fu la sua capacità, per una serie di circostanze biografiche del tutto particolari, di sovrapporre le proprie esperienze e le proprie spiegazioni della vittoria bolscevica in Russia alla realtà dell’Italia del 1919-1920, all’emergere del fascismo nel dopoguerra italiano.

Rientrato in Italia, nell’autunno del 1919 Slonim fu in diretto contatto con gli ambienti dei Fasci di combattimento di Milano, dove qualche mese prima era nato il fascismo sansepolcrista, amalgama di combattentismo nazionalista-rivoluzionario, di radicalismo repubblicano e di corporativismo fortemente antisocialista, cioè contrario al partito che era stato contro la guerra. Il suo primo articolo sulla realtà sovietica apparve a inizio ottobre sul “Fascio”, l’organo milanese del movimento, che nei mesi successivi avrebbe anche pubblicato brani del suo primo libro comparso in Italia, scritto prima del gennaio 1920 e dedicato allo stesso tema: Il bolscevismo visto da un russo. Tra la fine del 1919 e la metà del 1920 collaborò regolarmente anche al “Secolo”, il grande quotidiano radical-democratico milanese, ben mostrando l’ambivalenza dell’ambiente in cui si mosse anche a Firenze, dove tornò a chiudere con una laurea gli studi iniziati prima della guerra. Lo stesso Mussolini, comunque, nel 1919-1920 fu molto interessato agli scritti di Slonim, e in parte direttamente influenzato da essi nelle sue opinioni sul bolscevismo, inteso essenzialmente come un fenomeno anti-nazionale.

Nel 1920 Slonim lasciò l’Italia per Praga, la capitale del nuovo stato cecoslovacco nota nel decennio successivo come il più importante centro dell’emigrazione socialista-rivoluzionaria russa. Qui, in quanto membro della Delegazione estera del PSR entrò nella redazione della vivace rivista “Volja Rossii”, strumento politico-culturale dell’area rimasta più conseguentemente radicale all’interno del PSR, cioè più legata all’identità e alla tradizione rivoluzionaria del partito. Nel ruolo di critico letterario, egli vi condusse soprattutto un’importante battaglia culturale per mantenere aperte le vie di comunicazione tra la letteratura russa dell’emigrazione e quella interna. Tuttavia, subito dopo la marcia su Roma e la nascita del governo Mussolini, fu proprio lui a commentare sulla rivista gli avvenimenti italiani, con un lungo saggio in cui lasciò emergere chiaramente la storia del suo atteggiamento verso il fascismo, dall’iniziale simpatetica attenzione per quel giovanile nazionalismo rivoluzionario, apprezzato per avere risposto all’incapacità del socialismo italiano di educare in senso nazionale le masse, alla successiva equiparazione al bolscevismo per l’uso del terrore pianificato e organizzato, e infine alla più palese condanna di un movimento visto non più nella luce del radicalismo rivoluzionario, ma in quella della difesa della monarchia e dell’esaltazione della dittatura. Il fascismo, trasformatosi in sostenitore della legalità e del potere più autoritario, all’inizio del 1923 gli appariva infatti sostanzialmente finito. Giunto al potere, esso non era portatore di alcuna dottrina politica nuova, al di là della fede nella necessità di un potere forte del tutto paragonabile a quella del bolscevismo, incastonata in una sorta di nuovo partito nazionalista borghese, energico e pieno di forze giovani ma destinato a una strada di continui compromessi.

Negli anni successivi, anche nell’emigrazione americana dell’ultimo periodo della sua vita, Slonim continuò a interessarsi della più recente produzione letteraria dell’Italia, ma sulle sue vicende politiche non ebbe più occasione di tornare. Le sue idee del 1919-1920 e il ruolo che egli svolse in quei mesi in Italia quale tramite di più approfondite conoscenze della realtà rivoluzionaria russa rendono tutta la sua vicenda molto rappresentativa del disordine ideale che caratterizzava l’incerto quadro politico europeo di quegli anni, ma anche un rarissimo caso di sintesi di due fortissime esperienze dirette, quella della guerra civile russa e di quella italiana.

 

Antonello Venturi

15 giugno 2020


Gli anni d'emigrazione a Praga е Parigi

 

Nel 1922 si trasferisce a Berlino, dove dirige la rivista “Novosti literatury”, di cui escono solo due numeri, poi a Praga, dove dal 1922 fino al 1932 è fondatore e co-redattore, insieme ai socialisti rivoluzionari Vladimir Lebedev (1885-1956), Vladimir Zenzinov (1880-1953) e Vasilij Suchomlin, della rivista “Volja Rossi”, cui collaborano in quegli anni scrittori affermati (Remizov, Cvetaeva, Zamjatin, Bal'mont, Bulgakov e altri). A Slonim si deve il taglio della rivista di netta separazione dell’arte e della letteratura dalla sfera politica e sociale. Tra il 1921 e il 1924 collabora anche alla rivista berlinese «Spolochi», al periodico «Golos Rossii» di Berlino e al giornale praghese «Ogni» con articoli di carattere pubblicistico e storico-letterario; è inoltre uno degli ideologi della gioventù letteraria della città.

Trasferitosi in Francia, nel 1928 fonda a Parigi l'associazione letteraria Kočev'e che esiste fino al 1938 e si riunisce ogni giovedì in un caffè di fronte alla stazione Montparnasse. Il circolo non ha un proprio organo di stampa, ma funziona come una "rivista orale": vi si leggono versi e prose di autori contemporanei, stranieri e sovietici (partecipano alle riunioni anche poeti e prosatori francesi).

Nel febbraio 1934 Slonim tiene delle conferenze alla "Concentrazione antifascista", fondata nel 1927 a Nérac a cura del circolo italiano di cultura, sul tema "Da Pietro il Grande a Lenin". Un informatore della polizia politica italiana comunica dalla capitale francese i resoconti di queste conferenze. Gli antifascisti presenti sono circa una sessantina (fra loro vengono segnalati in particolare Oddino Morgari, Giovanni Antonioletti, Alberto Meschi, Ferruccio Magnani, Adolfo Boschi e Leonardo Cocito). Alla fine della conferenza del 23 febbraio, a nome del gruppo giovanile socialista italiano, Antonioletti ringrazia l’oratore e precisa che il popolo italiano soffre sotto il giogo del fascismo che è peggiore dello zarismo citato dall’autore. Sull’oratore la polizia comunica quanto segue: "L'emarginato d'anni 45 circa, d'origine israelita, fa parte del partito socialista russo (rivoluzionario) da prima della guerra (1914) e da quando era studente ad Odessa. Il partito rivoluzionario russo durante la sua permanenza ad Odessa lo incaricò della propaganda fra i lavoratori del porto. In seguito venne scoperto dalla polizia del luogo e si rifugiò all'estero e precisamente in Italia, dove apprese l'italiano e si mise subito in relazione con i comitati del PSR russo all'estero. Ha visitato la Francia, la Svizzera ed il Belgio e durante la guerra è stato in Italia e in Svizzera. È ritornato in Russia (Pietrogrado) subito dopo la rivoluzione del 1917, prese parte attiva alla organizzazione ed alla convocazione della Costituente. Dopo la rivoluzione dell'Ottobre, ha lasciato Pietrogrado per rifugiarsi ancora all'estero. Attualmente abita a Parigi - 4 Square Léon-Guillot ed è membro del partito rivoluzionario socialista russo (9 Rue Vineuse) di cui è presidente Kerensky".
In tutto il periodo dell'emigrazione l'attività pubblicistica e critica di Slonim è assai intensa: collabora alla rivista belgradese “Russkij archiv” e a quella americana “Moskva” (attiva dal 1929 al 1931); dal 1927 al 1932 a «Socialist-rivoljucioner» di Parigi, dal 1931 al bisettimanale parigino di arte e letteratura “Novaja gazeta”; dal 1934 al 1936 a “Problemy”.
Nel 1941 si trasferisce negli USA, dove insegna per molti anni letteratura russa e sovietica in diverse università. Durante la stesura del libro Tri ljubvi Dostoevskogo (Tre amori di Dostoevskij), all'inizio degli anni '50, è in Italia e frequenta a Roma l'Istituto di Filologia Slava dell’Università La Sapienza di Roma.


Pubblicazioni
Turgenev I., Senilia, trad. e cura di Marco Slonim. Firenze, Quattrini,1914.
Slonim M. Il potere dei Soviet. La verità sul bolscevismo russo // Il Fascio. 4.10.1919.
Il bolscevismo visto da un russo. Firenze: Le Monnier, 1920.
La rivoluzione russa: fatti e impressioni. Bologna: Zanichelli, 1920 https://www.russinitalia.it/monografie.php?id=38
Spartaco e Bela Kun. Firenze: Bemporad, 1920 https://www.russinitalia.it/monografie.php?id=32
Da Pietro Il Grande a Lenin: Storia del movimento rivoluzionario in Russia, 1700–1917. Milano: Casa editrice sociale, 1922 (2 ed. Milano: Monanni, 1929) https://www.russinitalia.it/monografie.php?id=3
Слоним М.
Прошлое и настоящее фашизма // Воля России. 1923. № 1. С. 49–61, № 2. С. 46–56.
Slonim M. Gli amori di Dostoevskij. Firenze: Nardini, 1958.
Breve storia della letteratura russa. Milano: Mondadori, 1960.
Storia della letteratura sovietica. Milano: Rizzoli, 1969.

Fonti archivistiche
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Ministero dell'Interno, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Affari generali e riservati, 1920 A16, b. 46, f. Slonim Marco.
Archivio Centrale dello Stato, Roma, Polizia Politica. Fascicoli Personali, b. 1278.
RNB OR, f. 1115, Archiv S.V. Belova, ed. ch. 44, M.L. Slonim, Pis'ma (4) S.V. Belovu.

Bibliografia
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Link
Слоним Марк // Электронная еврейская энциклопедия http://www.eleven.co.il/article/13846


Giuseppina Giuliano
Scheda aggiornata al 16 giugno 2020


Mark Slonim ritratto da Aron Bilis nel 1931 (dal volume Russkie portrety Arona Bilisa, Moskva 2017)




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