Russi in Italia

Mstislav Valerianovič Dobužinskij


Luogo e data di nascita: Novgorod, 15 agosto 1875
Luogo e data di morte: New York, 20 novembre 1957
Professione: pittore, scenografo, grafico

Figlio di un generale dell'esercito di antica stirpe lituana, nell'infanzia viaggia molto per il lavoro del padre. Vive fino al 1887 a Pietroburgo, in un grande appartamento della Vyborgskaja storona. Si sposta quindi a Kišinev, a Vil'nius dal 1889 al 1895, fa ritorno a Pietroburgo dove frequenta le scuole d'arte di N.D. Dmitrev-Orenburgskij e L.E. Dmitrev-Kavkazskij. Nel 1899 si laurea in giurisprudenza e, dopo aver sposato Elizaveta Osipovna Vol'kenštejn (1874-1965), sua compagna per tutta la vita, si trasferisce a Monaco di Baviera per studiare arte. Frequenta la scuola di A. Ažbe, dove conosce Igor' Grabar', e quella di S. Hollosy.
Nel 1901 compie alcuni viaggi per l'Europa. In primavera è a Venezia. Istruito nei minimi dettagli da Grabar' su ciò che è possibile vedere nei soli due giorni a disposizione, Dobužinskij parte da Monaco una notte di fine aprile e la mattina presto si trova ad attraversare la Lombardia. A Venezia rimane inizialmente deluso: invece delle gondole, un vaporetto simile a quelli che si vedono sulla Fontanka a Pietroburgo. Tutto cambia una volta giunto a piazza S. Marco, dove – sempre su consiglio di Grabar' – pernotta al Cafè Negro, proprio accanto alla Torre dei Mori. L'oro dei mosaici di S. Marco lo entusiasma, come lo colpiscono i colombi in piazza, l'allegria generale, le veneziane che passeggiano avvolte in scialli neri e a testa scoperta. Tra i dipinti nota in particolare l'eleganza di S. Giorgio e il drago di Vittore Carpaccio a S. Giorgio degli Schiavoni. È da quel momento, racconta l'artista, che nasce in lui una predilezione per il Quattrocento, cui si ispirerà per diverse scenografie teatrali (1918-19) e per il ritratto del gran principe lituano Vitovt (1926) (Vospominanija, p. 167).
Quello stesso anno fa ritorno a Pietroburgo, dove rimane fino al 1924. Qui frequenta la scuola d'acquaforte di V. V. Mate e le lezioni all'Istituto Archeologico e, pur non essendo iscritto, all'Accademia di Belle Arti nella classe del prof. P. O. Kovalevskij.
L'anno seguente diventa attivo protagonista della vita artistica della capitale, in seguito all'incontro con il gruppo di "Mir Iskusstva". Conosce Aleksandr Benua, Vasilij Argutinskij, Lev Bakst, Sergej Djagilev, Vasilij Rozanov, Dmitrij Merežkovskij, molti dei quali ritroverà in Europa una volta emigrato. Scioltosi il gruppo dei miriskussniki entra a far parte di "Sojuz russkich chudožnikov". Nel 1906 conosce Blok e Vjačeslav Ivanov, cui dedicherà la sezione Vstreči s pisateljami i poetami delle sue memorie. In questi anni realizza soprattutto paesaggi, disegni, acquerelli, illustrazioni, inizia a insegnare in varie scuole e partecipa a mostre in Russia e all'estero.

Nel 1907, conosciuti Stanislavskij, Mejerchol'd, Vera e Fedor Komissarževskij, si avvicina al mondo del teatro, debuttando come scenografo in diversi spettacoli. Proprio un lavoro teatrale lo porta, nel 1908, a compiere il suo primo viaggio lungo in Italia. Deve realizzare le scene per Francesca da Rimini di D'Annunzio per il teatro di Vera Komissarževskaja in tournée a Mosca:

"Alla fine del mese parto per l'Italia. Mi precipiterò soprattutto nelle piccole città medievali, attirato dai miei interessi artistici dell'ultimo anno, e conto di trovarvi molte cose interessanti per la "Francesca" e penso che vorrò allontanarmi da quanto ho prodotto finora. Voglio per quanto possibile semplificare il sistema scenografico e non mi atterrò molto alle didascalie di D'Annunzio; tuttavia, semplificare molto non si può per il carattere sfarzoso della pièce" (bozza di lettera a F. F. Komissarževskij del giugno 1908).

Tra luglio e agosto di quell'anno visita Milano, Perugia, Padova, Verona, Firenze, Siena, Pisa, Orvieto, Bologna, Venezia, Assisi, Genova. Porta a termine anche una serie di dipinti e acquerelli raffiguranti vedute di Verona, Milano, Perugia, la statua del Gattamelata. Purtroppo Dobužinskij non ci ha lasciato lunghi racconti di questa sua seconda esperienza in Italia, ed è solo il viaggio del 1911 ad essere descritto con ricchi dettagli in Vospominanija ob Italii, scritti tra il 1919 e il 1920.

Il soggiorno italiano del 1911
Provenendo dalla Svizzera con un treno della notte, Dobužinskij arriva in Toscana all'alba insieme alla famiglia, attraversa velocemente Pistoia, "una piccola Firenze, con la stessa cupola rossa del duomo e il sottilissimo campanile" (Vospominanija, p. 260). A Firenze, nonostante sia presto, il sole è già caldo, è estate piena. Si fermano nella stessa pensione in cui aveva vissuto nel 1908 e dove vengono accolti come "vecchi amici". La sera, in un tram aperto, salgono sulla collina di piazzale Michelangelo, sedendo lì a lungo a godere di "cielo, cipressi e silenzio", mentre giù il centro della città è gremito di folla. L'ultimo giorno, passeggiando su una sponda del Lungarno, l'autore di tanti paesaggi, guarda i ponti: "il più vicino – Ponte delle Grazie – e il più lontano – Ponte Vecchio – con la galleria e la prospettiva dei palazzi merlati del Lungarno, tutto si disegnava in un silhouette assai incomparabile e definita sullo sfondo dei raggi del tramonto" (Vospominanija, p. 261).

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Illustrazione del libro "Vospominanija ob Italii", 1922
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Il giorno dopo è a Siena, anche qui accolto come una vecchia conoscenza. Vive a Palazzo Piccolomini, da dove gode la vista delle terrazze di pietra con le logge, le scale, i giardini, le mura antiche:

"ho visto tante città che hanno conservato fino ad oggi il loro aspetto medievale, ma sia a Pisa che a Orvieto, Perugia e Verona spira dal medioevo un'aria come di una grande tomba e di un freddo museo, mentre qui, a Siena, lo spirito e il profumo del medioevo vivono eterni, fusi in maniera strana e intima con la vita di oggi, e mi avvolgono tutto e mi soggiogano dolcemente" (Vospominanija, p. 262).

Dopo la visita a San Gimignano, che l'artista visita quell'anno per la prima volta, parte finalmente per Roma, a lui ancora "sconosciuta" e "promessa". Durante il tragitto, da lontano vede apparire e scomparire "una città con acquedotti e contrafforti, con buchi e archi sulle mura terribili, è Bomarzo", e poi Orvieto, altra città "fantastica", finché non scorge finalmente Roma e San Pietro, la cui cupola si staglia "gigantesca e grigia" come su una conchiglia. È notte quando giunge nella capitale, ma non resiste alla tentazione di una passeggiata per la città deserta. Attraversa da solo "mezza-Roma", da piazza Colonna a San Pietro, passando tra gli angeli del Bernini per raggiungere la "mole scura" di Castel Sant'Angelo. Il giorno seguente è la volta del Foro. Passa prima davanti al Vittoriano che lo acceca con i suoi "sconfinati marmi bianchi", sale le scale che conducono al Campidoglio e di lì al Foro Romano. Di giorno in giorno cresce la sua conoscenza della città "dai molti volti" (antica, rinascimentale, barocca, settecentesca), che tuttavia formano un tutto armonico (Vospominanija, pp. 264-267).

Dobužinskij lascia un segno della sua presenza a Roma anche in occasione dell'Esposizione internazionale del 1911, organizzata per il Cinquantenario dell'Unità d'Italia. All'interno del padiglione russo vengono esposte quattro sue opere, fra cui due bozzetti scenografici, uno per un'opera di Turgenev, l'altro per un dramma di Aleksej Remizov.
Prima di proseguire il suo viaggio verso sud, non manca di visitare i dintorni di Roma, la campagna romana, Frascati, Tivoli. E poi è la volta di Napoli, "in tutto uguale alla Spagna". Passando davanti al "castello nero", il Maschio Angioino, "inaspettatamente" collega il colonnato di S. Francesco da Paola con il Kazanskij sobor di Pietroburgo. Sul cancello del giardino di Palazzo Reale riconosce, invece, le sculture equestri di Klodt che sormontato il ponte Aničkov di Pietroburgo, i cui primi esemplari furono donati a suo tempo da Nicola I al re di Napoli. La sera, dopo aver preso alloggio nella parte alta della città, da dove si vede "tutto il mare", decide di "sperdersi tra vie sconosciute", dove la popolazione "urla, canta, fischia, impreca, va avanti e indietro o siede pigramente sulla soglia". Il penultimo giorno non rinuncia alla gita a Pompei. Non ci sono turisti, solo le lucertole gli fanno compagnia tra le rovine della Casa dell'attore, la Casa degli Amorini dorati, Porta Nolana, Porta Vesuvio, il Teatro. La sua visita termina al suono della tromba che annuncia per quel giorno la chiusura degli scavi (Vospominanija, p. 269-271).
A Capri incontra Gor'kij, cui racconta quanto è rimasto impressionato dagli affreschi di Luca Signorelli ad Orvieto. Gli scrive a settembre dopo il ritorno in Svizzera: "Vi invidio per tutta quella meraviglia che vi è così vicina e accessibile" (lettera del 13 settembre 1911).

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Illustrazione del libro "Vospominanija ob Italii", 1922
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Sono numerose le opere di quell'anno in cui raffigura vedute delle città italiane: vicoli di Napoli, il Foro Romano e Castel Sant'Angelo, villa d'Este a Tivoli e villa Aldobrandini a Frascati. Di ritorno dall'Italia scrive ad Aleksandr Benua di essersi innamorato di Roma, delle meravigliose impressioni ricevute e di voler tornare a Napoli, "se il destino mi ci condurrà" (lettera del 6.9.1911). Il suo desiderio si avvera nel 1914, quando vede di nuovo il golfo partenopeo, dopo essere stato a Parigi per preparare le scenografie dei balletti di Djagilev Midas e Papillons. Lo stesso anno partecipa all'XI Esposizione internazionale d'Arte di Venezia, dove, all'interno del padiglione russo, inaugurato presso i Giardini di Castello, espone tre opere: una tempera (Interno), un acquerello (Stradicciuola a Vilna) e un olio (Cappella). A Venezia espone nuovamente dieci anni più tardi, sempre in occasione della Biennale, e sempre all'interno del padiglione nazionale: questa volta però il suo ciclo di otto litografie fa parte del padiglione sovietico, così denominato proprio a partire dal 1924.
Lascia Pietroburgo, ormai Leningrado, nel 1924, continuando come prima a viaggiare per tutta Europa. Nel 1929 finalmente si stabilisce a Kaunas, divenuta capitale provvisoria della Lituania, dove vive fino al 1935, insegnando alla Scuola d'Arte e collaborando attivamente come scenografo al Teatro di Stato Lituano, di cui diviene nel 1931 il principale artista.
Dobužinskij ritornerà ancora in Italia nell'agosto 1930, soggiornando per pochissimi giorni a Milano. Negli anni successivi – dopo aver vissuto tra Londra, Parigi ed altre città europee – dal 1939 al 1952 risiede a New York (salvo qualche mese passato a Parigi tra il 1947 e il 1948), dove lavora intensamente come scenografo nei migliori teatri.

Secondo soggiorno italiano
Nel 1953 ritorna di nuovo e per un lungo periodo in Italia tra Milano (per il progetto, poi non realizzato, delle scene per il balletto Mademoiselle Angot alla Scala), Napoli e Roma. Nella capitale ritrova Andrej Beloborodov, con cui era rimasto in contatto dopo aver abbandonato la Russia, che diventa in quell'occasione sua guida personale, il suo "Virgilio" e "mentore" e gli rivela tutti i segreti dell'architettura di Bramante, Vignola, Michelangelo, Peruzzi e soprattutto Bernini. Oltre a Beloborodov, a Roma frequenta la famiglia Ivanov, Ol'ga Šor, i Lozino-Lozinskie, Valentina Preobraženskaja, la famiglia di Tanja Albertini e altri esponenti dell'emigrazione russa.
All'inizio del 1954 è ancora a Roma, dove lavora alle scenografie di Onegin, che verrà messo in scena a Napoli al Teatro San Carlo il 17, 19 e 21 marzo. Dopo essere caduto dalle impalcature durante i lavori a causa di un malore, lascia Roma e si stabilisce nel capoluogo partenopeo per il periodo della messa in scena. Di qui scrive a Beloborodov due lettere, il 10 e il 13 marzo, rammaricandosi che lo scenografo Camillo Parravicini, nel cui laboratorio romano venivano eseguite le scene dai suoi bozzetti, non sia riuscito a copiarli correttamente. Prega l'amico di dissuadere i conoscenti russi di Roma dal venire ad assistere allo spettacolo. Parravicini, incapace di essere fedele ai bozzetti, avrebbe aggiunto elementi inesistenti, come la sagoma di Mosca sullo sfondo di un paesaggio, torri gotiche nel panorama pietroburghese, e.... una punta in più all'Ammiragliato (lettera ad A. Benua del 25-30 aprile 1954).

Il giudizio dell'artista è condiviso anche dal critico Enrico Piceni che nel numero della rivista «Melodramma» dedicato alla messa in scena di Onegin scrive:

"(Parravicini) non ha sentito affatto i bozzetti del Doboujinski e li ha (...) realizzati piuttosto distrattamente. Questo vale soprattutto per gli esterni. (...) Le cose sono andate molto meglio per gli interni. Minuziosi i bozzetti del Doboujinski e minuziose le realizzazioni del Parravicini pur se – anche qui – un poco derussificate" (E. Piceni, Poca Russia per Onegin, «Melodramma», anno I, n. 5, p. 27).

Diversa è l'opinione di Alfredo Parente, che recensisce lo spettacolo per «Il Mattino»:

"Intonatе alla partitura e all'azione sullo stesso piano di esteriore gradevolezza, le scene di Mstislaw Dobujinski, realizzate da Camillo Parravicini con calligrafica fedeltà. Cristini [direttore di scena] ha avuto come sempre occhio attento nella direzione dell'allestimento scenico. Il lampadario della gran sala del principe Gremin (mi si perdoni questa meraviglia da bambino) che è soltanto un foglio di carta traforato, riesce di una impressionante tridimensionalità (...) L'opera, stando alle cordiali manifestazioni, non è dispiaciuta al pubblico. Alcuni pochi vi hanno trovato diletto, ma non pochi altri ne hanno ricevuto impressione radicalmente negativa. Numerose comunque le chiamate ai cantanti, e applausi non fiacchi che sempre si venivano rafforzando al comparire del maestro Serafin, al quale hanno fatto corona anche il maestro Lauro [direttore del coro] e il regista Scharoff" («Il Mattino», 18.3.1954, p. 4).

I ruoli principali dell'opera, eseguita in traduzione italiana, sono stati interpretati da Gino Bechi (Onegin), Leyla Gencer (Tat'jana), Amalia Pini (Filipp'evna), Giuseppe Campora (Lenskij), Italo Tajo (Gremin).
Tra fine agosto e inizio settembre 1954 termina l'avventura italiana di Dobužinskij, che viene raggiunto a Roma dal figlio Rostislav (1903-2000), anche lui scenografo, e insieme partono per Parigi e di lì per Londra. L'artista vive tra le due capitali europee negli ultimi tre anni di vita: i suoi ultimi lavori teatrali sono il balletto Coppelia per la compagnia di Marie Rambert a Londra nel 1956 e l'anno seguente le Danze polovtsiane per la stessa compagnia in tournée al Teatro Colon di Buenos Aires.  Nell'ottobre 1957 parte per New York, dove muore un mese dopo in casa del figlio Vsevolod (1905-1998). È stato sepolto insieme alla moglie nel cimitero russo di Sainte-Geneviève-des-Bois a Parigi.
L'arte di Dobužinskij ha avuto una notevole influenza sull'opera dei futuristi italiani, in particolar modo su Boccioni: l'affinità iconografica che lega il celebre Uomo con gli occhiali (1905-1906) di Dobužinskij con alcune tele dell'artista italiano, fra cui i ritratti di uno scultore (1907) e della Signora Massimino (1908), è stata rilevata da studiosi fra cui Rosci e De Michelis, anche se entrambi escludono una diretta conoscenza fra i due artisti.


Pubblicazioni
M. V. Dobužinskij, Vospominanija ob Italii, Peterburg, Akvilon, 1923.
M. V. Dobužinskij, Vospominanija, a cura di G. I. Čugunov, Moskva, Nauka, 1987.
M. V. Dobužinskij, Pis'ma, a cura di G. I. Čugunov, Sankt Peterburg, Izd. Dmitrij Bulanin, 2001.
A. N. Benua-M. V. Dobužinskij, Perepiska (1903-1957), a cura di I. I. Vydrin, Sankt Peterburg, Sad iskusstva, 2003.

Bibliografia
T. Bajkova Poggi, La "Francesca da Rimini" per la regia dell'ideatore di un nuovo tipo di monodramma, in G. Dell'Agata, C. G. De Michelis, P. Marchesani (a cura di), D'Annunzio nelle culture dei paesi slavi, Venezia, Marsilio, 1979, pp. 51-62.
G. Caravelli, M. V. Dobužinskij e il suo viaggio in Italia, in L'est europeo e l'Italia, studi in onore di Piero Cazzola, a cura di E. Kanceff e L. Banjanin, Moncalieri, CIRVI, 1995, pp. 469-480.
G. I. Čugunov (a cura di), Vospominanija o Dobužinskom, Sankt Peterburg, Akademičeskij proekt, 1997.
G. I. Čugunov, M. V. Dobužinskij, Leningrad, Chudožnik RSFSR, 1984.
C. G. De Michelis, I contatti politico-culturali tra futuristi italiani e Russia, in Futurismo, Cultura e Politica, a cura di R. De Felice, Torino, Fondazione Gianni Agnelli, 1988.
G. Grandi, Scenografia russa, "Il Convegno", IV (1923), nn. 4-5-6.
O. Lejkind, D. Severjuchin, Chudožniki russkoj emigracii, Peterburg, Izd. Černyševa, 1994, pp. 190-193.
Pis'ma Michaila Čechova Mstislavu Dobužinskomu (gody emigracii, 1938-1951), a cura di L. Bjukling, Helsinki, Helsinki University Press, 1992.
M. Rosci, Dobužinskij e Boccioni, in Mir Iskusstva. La cultura figurativa, letteraria e musicale nel simbolismo russo, Roma, edizioni e/o, 1984, pp. 96-99.

Link interessanti
http://bibliotekar.ru/kDobuzh/19.htm
http://www.rusmuseum.ru/eng/exhib/lenta/exhibition2009/mstislav_dobuzhinsky/
emsu.ru/um/pict/dobuzh/dobuzh.HTM
http://www.abcgallery.com/D/dobuzhinsky/dobuzhinsky.html

Fonti archivistiche
RNB OR, f. 1165, Cvetkov, n. 396, M. Dobužinskij, Zapisnye knižki (4).
Centro Studi Vjačeslav Ivanov, Roma, Archivio di Andrej Beloborodov, Lettere (29) di M. V. Dobužinskij ad Andrej Beloborodov.

Nella immagine in alto Autoritratto dell'artista, http://www.biografija.ru/


Matteo Bertelé, Giuseppina Giuliano

Scheda aggiornata al 20 maggio 2020

 



M. V. Dobužinskij, Roma. Il Palatino, Rovine del palazzo di Settimio Severo, 1911
http://pinakotheke.artinfo.ru/default_eng.asp



L'artista in una foto degli anni '30. http://www.rulex.ru/



M. V. Dobužinskij, Sulla Neva a San Pietroburgo, olio su tela, 1933
http://www.artnet.com/PDB/PublicLotDetails.aspx?lot_id=425845283&print=1



M. V. Dobužinskij, Autoritratto, 1910. Gouache, acquarello
emsu.ru/um/pict/dobuzh/dobuzh.HTM



Boris Grigor'ev, Ritratto di M. V. Dobužinskij, 1917
http://www.art-in-exile.com/forums/photopost/showphoto.php?photo=145



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