Russi in Italia

Georgij Valentinovič Plechanov


Luogo e data di nascita: Gudalovka (governatorato di Tambov), 29 novembre (11 dicembre) 1856
Luogo e data di morte: Jalkala (Finlandia), 30 maggio 1918
Professione: rivoluzionario, teorico del marxismo

L’esilio è la cifra più caratteristica della biografia di Plechanov, come nel caso di gran parte della migliore intelligencija rivoluzionaria russa degli ultimi due secoli. Fuggito dall’Impero russo ancora ventiquattrenne per evitare l’arresto, sarebbe rimasto in Europa occidentale fino al rientro nella Russia del 1917, ai cui confini sarebbe morto qualche mese più tardi. L’Italia in realtà arrivò per ultima, nella sua quasi quarantennale vicenda di esiliato, dopo un decennio trascorso a Ginevra a partire dal 1880, qualche anno in alta Savoia, poi a Londra e nel 1895 nuovamente a Ginevra, questa volta con la raggiunta sicurezza economica assicuratagli dall’attività medica svolta dalla sua compagna Rozalija Bograd. Negli anni successivi, per curare la devastante tubercolosi contratta per le privazioni e la povertà del primo periodo d’esilio, nei mesi invernali venne a vivere con sempre maggiore frequenza in Italia, sulla Riviera ligure.

Considerato il padre del marxismo russo per la sua pionieristica attività organizzativa in Svizzera, le inflessibile elaborazioni ideologiche e la larga produzione di testi diffusi anche legalmente all’interno dell’impero, Plechanov va certamente considerato il più chiaro simbolo del periodo di transizione ideale di una parte importante della gioventù rivoluzionaria russa, che negli ultimi due decenni dell’Ottocento veniva abbandonando molte idee del più diffuso e consolidato populismo russo. All’interno di questo quadro, l’Italia ebbe un ruolo nella sua vita già a partire dagli anni ‘90, assicurandogli una sponda importante e la certezza di essere chiaramente compreso grazie alla presenza a Milano di Anna Kuliscioff, che come lui proveniva dai circoli di “Zemlja i Volja”, come la sua compagna aveva finito gli studi di medicina in Svizzera, e in emigrazione aveva conservato buoni rapporti di amicizia con Vera Zasulič, membro del minuscolo gruppo che con Plechanov aveva elaborato il nuovo marxismo russo degli anni ’80.

Il legame si sarebbe presto allentato, perché Vera Zasulič si sarebbe spostata a vivere a Londra, ma fu attraverso questo canale - che portava direttamente a Filippo Turati, compagno della Kuliscioff e guida intellettuale del socialismo italiano tra Otto e Novecento - che all’inizio degli anni ’90 Plechanov poté pubblicare alcuni importanti saggi teorici, anti-anarchici e più specificamente anti-bakuniniani, non solo sulle riviste del partito socialista tedesco, ma anche attraverso le edizioni di quello italiano. Nella seconda metà degli anni ’90 il contatto con Turati si fece più diretto, all’interno di un’attiva rete di scambi intellettuali e di discussioni teoriche, ma anche di più pratiche attività editoriali e giornalistiche, ben testimoniate da quel che resta di una ricca corrispondenza tra Plechanov e i più diversi rappresentanti del socialismo italiano che avrebbe continuato a crescere e svilupparsi fino alla guerra.

In effetti, la facilità con cui Plechanov si inserì nelle discussioni politiche non solo del socialismo italiano, ma di tutto il socialismo dell’Europa occidentale è dovuta a una caratteristica molto specifica del suo marxismo, che dopo gli anni ’80 egli avrebbe trasmesso a tutta la socialdemocrazia russa e che solo l’emergere del leninismo negli anni della rivoluzione del 1905-1907 avrebbe fatto incrinare. Sia la modellistica sociale sia quella nazionale del primo marxismo russo erano infatti estremamente lineari e gerarchiche, legate a un ordine ideale nella rappresentazione delle nazioni europee, in cui il paese più avanzato finiva forzatamente per mostrare la via ai più arretrati. Al loro interno, la circolazione delle idee e dei modelli era quindi tanto naturale quanto necessaria. A fine Ottocento tuttavia il socialismo occidentale cominciò a mostrare evidenti segni di crisi interna, e il modello cominciò a incrinarsi. Plechanov iniziò allora la sua campagna ideologica contro i vari “revisionismi” (Francesco Saverio Merlino, Georges Sorel, Eduard Bernstein) e nel 1897 giunse a accusare di incerta ortodossia anche Antonio Labriola, l’unico vero marxista italiano di questi anni. Labriola rispose definendo grossolani gli attacchi di Plechanov a Bernstein e accusandolo non solo di essere eccessivamente dogmatico, ma anche di conoscere assai poco la filosofia tedesca. Ciò non impedì che tra i due si avviasse un’interessante corrispondenza, a suo modo rappresentativa di tutta la rete di scambi con i socialisti italiani.

Nel 1898 la difficile crisi politica di fine secolo mise nuovamente Plechanov a diretto contatto con l’Italia. In cura a Nervi all’inizio di quell’anno, su invito dei socialisti milanesi si recò a tenere una conferenza nella capitale del socialismo italiano, un’esperienza di cui abbiamo indiretta testimonianza anche attraverso alcuni suoi curiosi appunti sul Museo Poldi-Pezzoli. L’insurrezione di Milano di poco successiva e la dura repressione che ne seguì toccarono inevitabilmente anche il mondo dei suoi contatti italiani, come fu chiaro quando Vera Zasulič, che Plechanov aveva accompagnato quella primavera a Firenze, visse da qui gli avvenimenti di maggio cercando invano di mettersi in contatto con Anna Kuliscioff, senza sapere che questa era stata già arrestata con Turati. A Ginevra, a partire dalla seconda metà di quell’anno, Plechanov ebbe così modo di annodare nuovi rapporti con gli esuli socialisti italiani, tra i quali in particolare lo storico Ettore Ciccotti.

All’inizio del 1906 Plechanov ebbe un vero e proprio crollo fisico, e per curarsi si stabilì per qualche tempo a Bogliasco, vicino a Nervi. Da qui compì vari viaggi a Firenze, e soprattutto a Roma. Visse qui nella primavera del 1907, per poi passare la seconda metà dell’anno tra Ginevra, Nervi e nuovamente Bogliasco. Dal 1908 trascorse con maggiore regolarità i mesi invernali a Sanremo, dove la sua compagna (sposata infine quell’anno, dopo lunghe pratiche di divorzio) aveva aperto un importante sanatorio per tubercolotici, le cui pubblicità prima della guerra si possono incontrare anche su alcune riviste legali dell’Impero russo.

Poche sono le testimonianze dirette sulla sua vita in Liguria, al di là di qualche notizia di polizia sulle sue conferenze a pagamento in favore degli emigrati russi più poveri, ma la figlia di Viktor Černov ci ha lasciato una significativa descrizione di una visita di famiglia a casa Plechanov a San Remo e del suo stile di vita pomposo e formale, che contrastava fortemente con l’ambiente più informale della comunità degli esiliati socialista-rivoluzionari in cui era cresciuta.

In questi anni, anche la battaglia ideologica per l’ortodossia marxista avrebbe comunque portato Plechanov a guardare sempre più spesso all’Italia. Nel 1904, quando al congresso di Bologna il Psi si diede una nuova direzione di sinistra, egli aveva attaccato duramente la destra riformista del socialismo italiano (cui appartenevano anche Turati e Kuliscioff), derubricandola a espressione di “politicanti”. Subito dopo, fu invece il radicalismo del sindacalismo rivoluzionario italiano a risvegliare in lui il difensore dell’ortodossia ideologica. Inevitabilmente, criticare gli italiani era anche un modo per indicare la retta via ai socialisti russi, fra i quali una vera e propria tendenza sindacalista rivoluzionaria andava allora sviluppandosi non solo tra gli anarchici e i socialisti-rivoluzionari ma anche tra i socialdemocratici, mentre all’interno della sinistra bolscevica Anatolij Lunačarskij esaltava gli elementi più vitalistici di quel nuovo socialismo italiano. Negli anni della prima rivoluzione, mentre lo sciopero generale russo del 1905 parve ai sindacalisti rivoluzionari italiani la più imponente conferma delle loro teorie, nel clima della nuova libertà di stampa dell’Impero russo i loro testi più importanti vennero tradotti, largamente pubblicati e molto letti e discussi. I libri di Arturo Labriola, Enrico Leone, Ivanoe Bonomi, Angelo Olivetti, ancora conservati nella biblioteca di Plechanov, sono pesantemente sottolineati e annotati di sua mano, e con Arturo Labriola egli ebbe anche un’attiva corrispondenza e uno scambio di libri. Tra il 1907 e il 1908 pubblicò sulla stampa legale russa una serie di articoli sul sindacalismo rivoluzionario italiano che finì per rappresentare un esempio particolarmente esplicito del dottrinarismo e della rigidità mentale del marxismo russo di questi primi anni del secolo, in cui trattava il movimento come un puro fenomeno di decadenza intellettuale e di utopia borghese. Naturalmente il testo piacque al partito italiano, che dalla nuova tendenza cercava attivamente di difendersi. Angelica Balabanoff, membro della direzione del Psi e principale tramite tra Plechanov e il partito nel decennio precedente la guerra, si incaricò di tradurre i suoi articoli in italiano e la loro fitta corrispondenza di questi mesi, piena di consigli e precisazioni, dimostra tutta l’attenzione con cui egli seguì quel lavoro.

Sistematosi più stabilmente in Liguria nel 1908, Plechanov ebbe occasione di studiare più da vicino il Psi, anche se la fonte principale delle sue conoscenze rimase la classica storia del socialismo italiano di Alfredo Angiolini, da lui conosciuta attraverso la traduzione russa del 1907, altro volume ben annotato e sottolineato conservato nella sua biblioteca. Il più significativo dei suoi scritti sul tema fu quello in occasione del congresso di Milano del partito, nel 1910, in cui la sua polemica fu soprattutto contro Leonida Bissolati e l’emergere del primo laburismo italiano, critico delle strutture del partito rivoluzionario. Nelle sue parole il parallelo con la Russia era ancora una volta evidente, ma era proprio l’Italia a apparirgli – riprendendo un classico verso del poeta Dmitrij Venevitinov – la vera “patria dell’ispirazione” dei “liquidatori”.

Nell’estate del 1914, allo scoppio della Prima guerra mondiale che lo sorprese a Londra, Plechanov rientrò precipitosamente sul continente e ancora a Ginevra e convocò dall’Italia Angelica Balabanova, cercando di convincerla della necessità di difendere la possibilità di un futuro sviluppo economico e sociale della Russia, partecipando alla sua difesa contro l’attacco tedesco, che se vittorioso ne avrebbe fatto una sorta di arretrata colonia. Era questa la sua ultima declinazione del marxismo della II Internazionale, che però non convinse né Balabanova, né la maggioranza della direzione del Psi (con la notevole eccezione di Mussolini, che pensava qualcosa di simile anche per l’Italia), né la maggioranza dei socialisti russi, al di là di un piccolo gruppo che si raccolse attorno a lui fino al 1918. In Italia, esso fece sentire la sua voce attraverso “Il popolo d’Italia” di Mussolini e grazie all’appoggio proprio di Bissolati, espulso dal Psi nel 1912 e destinato a diventare ministro nel 1916. Rimasto a Sanremo fino al 1917, per le sue posizioni favorevoli alla guerra Plechanov ebbe modo di pubblicare sulla stampa legale russa e in vari giornali italiani. Quando scoppiò la rivoluzione a Pietrogrado, egli accettò di farsi intervistare solo dal “Popolo d’Italia”, al quale ribadì la propria fiducia marxista nell’inevitabile corso storico della sua patria, che non poteva non seguire il modello storico dell’Europa occidentale. Partito poco dopo per la Russia, qui fu rapidamente smentito dalla rivoluzione di ottobre, che tra l’altro considerò causa diretta della disfatta italiana di Caporetto. Disperato per il completo fallimento politico, indebolito dalle durissime condizioni di vita di quei mesi, subì un ulteriore aggravamento della sua malattia e morì in Finlandia all’inizio del 1918.


Pubblicazioni

Plechanow G. La tattica rivoluzionaria: forza e violenza. Milano: Uffici della Lotta di classe, 1894.
Anarchismo e socialismo. Milano: Critica sociale, 1895 (2 ed.. Milano: Avanti!, 1921).
Plekhanoff G. Intorno al sindacalismo e ai sindacalisti / trad dal russo di A. Balabanoff. Roma: Luigi Mongini, 1908.
L’evoluzione filosofica di Marx / trad. dal russo e note di G. Porzio. Milano: Soc. Ed. Dante Alighieri, 1927.
Plekhanov G.V. Le questioni fondamentali del marxismo. Milano: Istituto Editoriale Italiano, 1945.
La funzione della personalità nella storia. Roma: Rinascita, 1956.
Plechanov G.V. Lettere senza indirizzo / introd. e trad. dal russo di Arnaldo Alberti. Milano: Silva, 1964.
Scritti di estetica / Saggio introduttivo a cura di G. Pacini. Roma: La nuova sinistra, 1972.
Contributi alla storia del materialismo (Holbach, Helvetius, Marx). Milano: Iskra, 1979.

Fonti archivistiche

ACS. PS. 1909. B. 1. F. Nervi; ACS. PS. 1911 A11. B. 6. F. Nervi.
ACS. Fondo Morgari. B. 21. F. 30. SF. 1. Ins. 1/3.

Bibliografia

f. t. [Filippo Turati] Giorgio Plekhanow // Critica sociale. 1918. № 12. P. 143.
Giorgio Plekhanoff // L’Avanti! 1918. № 196. P. 2 (Necrologio).
G.S. Giorgio Plechanow (Necrologio) // La Russia nuova. 25.6.1918. № 2.
Pervoukhine M. Il nemico del popolo // L’epoca. 25.1.1918. № 25.
Angiolini A., Ciacchi E. Socialismo e socialisti in Italia: storia completa del movimento socialista italiano dal 1850 al 1919. Firenze: Nerbini, 1919.
Baron S.H. Plekhanov: The Father of Russian Marxism. Stanford: Stanford Univ. Press, 1963.
Tamborra A. Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917. Roma-Bari: Laterza, 1977 (2 ed. Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917. Riviera ligure, Capri, Messina. Soveria Mannelli: Rubbettino, 2002).
Chernov Andreyev O. Cold Spring in Russia / foreword by A. Miller; transl. by M. Carlisle. Ann Arbor, MI: Ardis, 1978.
Venturi A. Rivoluzionari russi in Italia 1917–1921. Milano: Feltrinelli, 1979.
Baron S. Plekhanov in Russian history and soviet historiography.  Pittsburgh: University of Pittsburgh Press, 1995.
Тютюкин С. В. Г. В. Плеханов. Судьба русского марксиста. М.: РОССПЭН, 1997.

Antonello Venturi
13 giugno 2020

 



Georgij Plechanov negli anni Dieci



Plechanov con la moglie Rozalija Bograd e le figlie Lidija (a sinistra) e Evgenija, !890



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