Russi in Italia

Milano, Le gallerie d'arte negli anni '20 e '30

Raffaella Vassena

Milano [...] era ed è l'unica città del mondo in cui l'arte è intesa nel senso più profondo e genuino, e interessa tutti i ceti della popolazione. Il quadro qui non è solamente un diletto estetico o speculativo, ma un oggetto indispensabile, al cui fascino non si sottrae nessuno, dall'umile abitante di periferia al più potente re dell'industria. Per questo motivo a Milano esiste una complicatissima gamma di amatori, dai più modesti ai più grandi collezionisti, come in un susseguirsi di gradini che dal basso verso l'alto giungono fino ai grandi Maestri. Ogni categoria ha i propri mercanti, i propri amatori collezionisti e le relative quotazioni.
Questa graduatoria comincia dalla bottega di un vetraio che fornisce non solo i vetri ma anche i quadretti per ornare la casa degli operai o dei modesti bottegai. Si passa quindi alla categoria delle aste ambulanti, anche qui con le sue celebrità e i suoi maestri, poi ai negozi dei mobilieri, per arrivare infine alle vere gallerie d'arte, com'erano una volta Barbaroux o Pesaro, dove si vendono già quotati i quadri dei maestri di rinomanza internazionale (G. Sciltian, Mia avventura, Milano, Rizzoli, 1963, pp. 428-429).

Così Gregorij Šiltjan descrive, nel 1963, la verve intellettuale e artistica del capoluogo lombardo. Esattamente trent'anni prima, al suo arrivo a Milano, solo e senza mezzi, l'artista incontra la fortuna nella persona di Luigi Scopinich, che scommette sul suo talento ed accetta di allestire una sua personale nella galleria di sua proprietà. Come Šiltjan, molti altri artisti russi in quegli anni trovano a Milano un ambiente cosmopolita, aperto, fatto di collezionisti e ricchi mecenati, vivaci caffè e luoghi di ritrovo, case editrici specializzate e testate periodiche del settore, gallerie d'arte eleganti e raffinate. Prima tra tutte, la Galleria Pesaro, situata al piano terra del Palazzo Poldi-Pezzoli in via Manzoni 12. Il proprietario, Lino Pesaro – un conservatore ancora legato ai filoni figurativi ottocenteschi – nel marzo 1924 ordina una vasta personale del pittore e acquarellista Petr Bezrodnyj, già commissario del Padiglione russo alla XII edizione della Biennale di Venezia (1920). L'introduzione al catalogo della mostra reca la firma di Vittorio Pica, amico di Bezrodnyj e fervido ammiratore dell'arte russa. È ancora lui a firmare l'introduzione al catalogo del secondo "esperimento russo" della Galleria Pesaro, la mostra di Boris Grigor'ev, nel gennaio 1926, con quaranta opere tra quadri ad olio, acquarelli e disegni a matita:

Ecco, infine, che oggi, nella maggiore delle sale della Galleria Pesaro e nel corridoio che la precede, egli gli si ripresenta, con quaranta quadri ad olio, acquarelli e disegni a matita, appalesandosi, attraverso tanta varietà di tecniche, di formati e di soggetti, in tutta la sua davvero formidabile possanza di acuto e penetrante osservatore della fisionomia umana e di veristico e talvolta crudele raffiguratore della movimentata vita dei giorni nostri nei più diversi paesi e nei più diversi ambienti. L'opera di lui, così multiforme e interessante, merita senza dubbio di venire a lungo analizzata nei suoi diversi aspetti cerebrali e formali come una delle manifestazioni più intense e più significative del trasformarsi e del rinnovarsi dell'arte internazionale dei giorni nostri... (Galleria Pesaro. Mostra individuale dei pittori Boris Grigorieff e Gaston Balande. Gennaio 1926. Con un'introduzione di Vittorio Pica. Milano 1926, pp. 20-21).


Boris Grigor'ev, Ritratto di Fedor Šaljapin (1918)

In realtà l'arte di Grigor'ev non sembra riuscire troppo gradita agli esperti italiani che, pur apprezzandone l'originale psicologia, ne criticano le contraddizioni di stile: dalle linee dure e marcate dei disegni e dei ritratti, Grigor'ev passa con eccessiva disinvoltura alle vibrazioni coloristiche dei paesaggi. Forse anche per questo motivo, non più tardi di un anno dopo, nel 1927, la Galleria Pesaro torna a preferire un artista russo più classico: Fedor Brenson, che espone una serie di acqueforti e disegni raffiguranti Roma, Napoli, Venezia, Assisi e i dintorni di Firenze.
Nel giugno 1928 è la volta della Galleria Micheli di via Brera 7, che ordina una personale, la prima in Italia, della pittrice Elizaveta Kaehlbrandt-Zanelli. Alla gestione della Galleria Micheli partecipa anche Pietro Maria Bardi, che di lì a poco diventa direttore dell'omonima Galleria Bardi in via Brera 16. Figura innovativa ed eclettica, sin dai suoi esordi come gallerista Pietro Maria Bardi mostra apertura verso i giovani talenti e insofferenza verso un certo ambiente retrogrado e conservatore che tende a riproporre i soliti artisti. Forse per questo motivo, Bardi non esita ad accogliere nella sua galleria milanese artisti russi più o meno conosciuti: dapprima Filipp Maljavin, nel febbraio 1929 e, un mese dopo, Natal'ja Kahl.
Nel 1930 Bardi chiude la sua galleria milanese e si trasferisce a Roma. L'attività della galleria Bardi prosegue - a qualche numero civico di distanza e prendendo il nome di Galleria Il Milione - con i fratelli Ghiringhelli e sotto la direzione di Edoardo Persico. La nuova gestione è chiaramente improntata all'astrattismo: manifesto di questa nuova tendenza è la vasta personale del 1934 di Vassilij Kandinskij, con oltre 45 acquarelli e 30 disegni esposti.
Nel frattempo, nel capoluogo lombardo vedono la luce molte altre gallerie d'arte, alcune delle quali seguono con interesse gli artisti russi: si va dagli ambienti minori, come il Circolo Culturale Lyceum di via Filodrammatici 5, che nel 1930 ospita una mostra individuale del pittore residente a Positano Ivan Zagorujko, o come l'Istituto libero di cultura "Nuova Vita" di via dell'Orso, che nel novembre 1932 accoglie Filipp Maljavin in una collettiva con altri artisti italiani e stranieri, a quelli più rinomati. Tra questi, la Galleria Milano di Gaspare Gussoni in via Croce Rossa 6 che, nell'ambito di una stretta collaborazione con l'ambiente parigino, nel novembre 1932 ordina una personale di Filipp Gozjason, artista russo residente a Parigi e vicino al Gruppo dei Neo-Umanisti di Waldemar George.

 


Filipp Goziason negli anni Venti
www.artrz.ru


La Casa d'Artisti di via Manzoni 21 ospita invece, tra il 1931 e il 1933, personali di Filipp Maljavin e dei coniugi Boris Zuev e Inna Sizinina Zueva, mentre la Galleria Scopinich di via S. Andrea 8 mette le sue sale a disposizione di Aleksej Isupov, presente ben quattro volte tra il gennaio 1929 e il luglio 1931, con recensioni entusiaste sulle testate giornalistiche ambrosiane:

Alessio Issupoff è un pittore russo ormai conosciuto a Milano. Per la seconda volta, a distanza di un anno, espone alla "Galleria Scopinich". [...] Issupoff, in questi quadri che segnano l'ultimo suo periodo, ha dato maggior risalto alla figura umana, la quale si è affacciata nel quadro a mo' di ritratto, occupando quasi tutta la tela. Anche in queste opere il nostro artista ci presenta la sua facilità e felicità nel dipingere con freschezza e quasi gaiezza. Issupoff non si propone problemi di stile; non cerca di imitare o atteggiare in qualsiasi maniera le forme. Artista d'istinto, di getto, opera sotto il soffio di una vena nativa che gli permette di esprimere una pittura gioiosa e simpatica (Mostre Milanesi. Issupoff, «Le arti plastiche», 16 febbraio 1930).

Nel 1933 la Galleria Scopinich cambia gestione e viene ribattezzata Galleria Dedalo: il cambio ai vertici non spegne però l'interesse nei confronti dell'arte russa, che anzi continua ad essere ben rappresentata con altre personali di Gregorij Šiltjan nel 1934, di Andrej Beloborodov nel gennaio 1935, dello scultore Pavel Trubeckoj nel dicembre 1936 e, di nuovo, di Nikolaj Benua e Gregorij Šiltjan nel gennaio 1937.



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